2666 – Roberto Bolaño

La copertina del libro 2666 di Roberto Bolano edito da Adelphi2666 di Roberto Bolaño è uno di quei giganti della letteratura contemporanea che trovo consigliato praticamente ovunque, in buona compagnia di altri romanzi che amo (Abbacinante di Cartarescu, Infinite Jest di Wallace) e altri che ho intenzione di leggere presto (Europe Central di Vollmann, L’arcobaleno della gravità di Pynchon). Un primo approccio alla lettura di questo romanzo l’ho tentato dieci anni fa esatti, era il novembre del 2012 e io, ahimé, ero un lettore ancora troppo acerbo per apprezzare un’opera del genere, leggevo già tanto ma leggevo romanzi più convenzionali. Mi ci sono perso, ma non nel modo in cui avrebe voluto Bolaño, e ho quindi abbandonato alla terza parte convinto che non facesse per me. Ho deciso di riaffrontarlo oggi, forte di gusti letterari profondamente cambiati e della bellissima esperienza avuta leggendo I detective selvaggi, un altro suo romanzo.

La prima cosa che colpisce quando si prende in mano 2666 è la sua suddivisione in parti, ciascuna con un titolo ben preciso, che, si dice, Bolaño avrebbe voluto rilasciare in cinque volumi separati in modo che i lettorə si sentissero legittimatə a leggerle in qualsiasi ordine volessero, magari nemmeno tutte:  avrebbero avuto in questo modo la loro esperienza personale. La decisione di pubblicarlo tutto insieme è stata presa in seguito alla sua morte dall’editore e dalla famiglia, che ha creduto che in questo modo si comprendesse meglio la globalità dell’opera. Sì, è esattamente come sembra: le cinque parti del romanzo sono, a livello di pura trama, indipendenti le une dalle altre, non hanno una progressione diretta ma solamente dei richiami in alcuni avvenimenti e personaggi.

C’è una cosa in particolare che accomuna tutte le storie: la fittizia città messicana di Santa Teresa, luogo da cui prima o poi passano tutti i personaggi di 2666; alcuni si incrociano, altri si sfiorano, altri ancora si inseguono. Già nella prima parte, intorno a Santa Teresa tu lettorə avverti un’aura sinistra, alimentata dalla voce che lì sono scomparse o state uccise centinaia di donne negli ultimi anni, una voce che troverà poi conferma andando avanti nel romanzo, che si trasforma ne La parte dei delitti in una vera e propria cronaca di tutti gli omicidi e dell’indagine, molto pigra, che scatenano.

Il tema centrale di tutto 2666 è proprio lì: la società messicana, il suo maschilismo così radicato da permettere una situazione del genere (i fatti di Santa Teresa si rifanno a reali fatti di cronaca avvenuti tutti a Ciudad Juárez), la sua corruzione a più livelli, dalla polizia al parlamento. Ma anche lo scarso interesse che la condizione messicana suscita in americani ed europei, di cui la maggior parte, con aria da cittadini del primo mondo, si disinteressa a quanto accade perché, dai, sono cose che in Messico succedono. È il caso di Fate, il giornalista americano protagonista della terza parte che si reca a Santa Teresa per un incontro di pugilato e che vuole rimanere per raccontare la storia degli omicidi, ma si vede bocciato il progetto dal suo editore perché non interessante; è il caso dei critici europei, i protagonisti de la prima parte che si recano a Santa Teresa sulle orme di Benno Von Arcimboldi, un misterioso vecchio scrittore tedesco di cui sono studiosi e che a quanto pare dovrebbe trovarsi lì per ragioni ignote, ma che abbandonano la missione di una vita dopo pochi giorni trascorsi lì. Amalfitano, protagonista della seconda parte, esperto di Arcimboldi dell’Università di Santa Teresa, non sembra interessarsi più di tanto alla grande missione dei critici. Oltre a non credere che Arcimboldi sia il più grande autore di lingua tedesca, ma uno normale, ha ben altri pensieri per la testa: lui, a differenza degli altri, è conscio di tutto quello che succede in Messico e dopo anni vissuti nel terrore per l’incolumità di sua figlia, Rosa, è riuscito a farla scappare in America proprio con Fate.

Se questo è senza dubbio il fulcro di 2666, il suo tema più esplicito, sarebbe però ingiusto ridurlo solo a questo. Bolaño è un maestro a tessere trame e sottotrame per tutto il romanzo; centellina i rimandi, nasconde indizi, depista i lettorə lasciandolə, specialmente all’inizio, nella disperata attesa di un segnale che renda evidente un collegamento, affamatə della voglia di dare per forza un senso a tutto quanto; in questo i lettorə vagano proprio come i critici che inseguono Arcimboldi in nome della loro ossessione.

Altre cose mi hanno colpito della scrittura di Bolaño. La prima, la sua capacità di cambiare registro nelle varie parti, ognuna segue un suo stile preciso che si adatta alla perfezione alla sua trama. L’altra, una capacità sopraffina, che già avevo apprezzato ne I detective selvaggi, di delineare personaggi incredibilmente umani, veri anche nei gesti più insignificanti che compiono.


Editore: Adelphi
Pagine: 963
ISBN: 9788845924354

Link utili: La pagina dell’editore –  La wiki dell’autore
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2 Comments on “2666 – Roberto Bolaño”

    1. Lo schwa è un po’ troppo politicamente corretto.
      Penso però che sia peggio quando si dice “lettrici e lettori”, per un finto tentativo di non essere maschilisti.
      Difficile sapere cosa sia giusto fare, sicuramente lo schwa è una scelta molto in linea con i nostri tempi.
      Mia opinione, mi piacerebbe sapere l’idea anche dell’autore del blog. Grazie

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